Alimentazione|19 febbraio 2018 10:59

Moka o espresso, basta che sia caffè

Il caffè è un alimento nervino, denominazione data ad alcuni prodotti vegetali che contengono modeste quantità di sostanze ad azione farmacologica tonica ed eccitante, come la caffeina, oltre a sostanze aromatiche e oli essenziali. I più diffusi alimenti definiti nervini sono proprio il caffè, il tè e il cacao.

Sulla base degli ultimi dati disponibili riferiti al 2009, l’Unione europea ha importato 38,5 milioni di sacchi di caffè. Il principale importatore europeo è la Germania, con 8,9 milioni di sacchi, seguita da Italia (5,8 milioni), Francia (5,6 milioni), Spagna (3,3 milioni) e Regno Unito (3,2 milioni).

In termini di consumi annui, l’Italia con 5,9 kg pro-capite si colloca al 7° posto della classifica europea. Inoltre, circa il 78% degli italiani che bevono regolarmente caffè consuma in media una tazzina al giorno e il maggior consumo si ha nelle prime ore della mattina e subito dopo pranzo. Oltre il 70% dei consumi avviene in famiglia e solo una piccola percentuale preferisce solo il caffè espresso servito al bar.

Il caffè viene importato in Italia per la maggior parte dal Brasile, che del resto fornisce il 30% circa dell’intera produzione mondiale. Luogo di sbarco più importante dei grani ancora verdi è il porto di Trieste. Sono poi le industrie del settore che provvedono alla miscelazione e alla torrefazione in base alla qualità e alle caratteristiche che vogliono dare o ottenere dal prodotto.

I semi di caffè, oltre alla caffeina, contengono sostanze azotate, lipidi, glucidi, acidi organici, sali minerali e qualche vitamina come quella PP derivante dalla torrefazione. Dal punto di vista nutrizionale è una sostanza priva di valore calorico, salvo per lo zucchero o il latte aggiunto.

Una tazza comune all’italiana può contenere da 0,05 – 0,15 grammi di caffeina, il caffè casalingo ne contiene 0,12- 0,15 grammi, mentre l’espresso al bar 0,08 grammi. Quantità che, seppur modeste, agiscono sul sistema nervoso centrale. I parametri operativi che influenzano maggiormente la composizione del caffè sono la quantità di acqua in rapporto a quella della miscela, la temperature dell’acqua e il tempo di estrazione. Un limite ragionevole di assunzione di caffeina è fissato sui 300 milligrammi al giorno, quindi 0,3 grammi.

Come effetti benefici c’è da dire che il caffè agisce anche sull’attività intestinale aumentando la peristalsi, favorisce la secrezione di acido cloridrico nello stomaco e dei succhi biliari, favorendo le funzioni digestive e ha un effetto tonico e stimolatorio sulla funzionalità cardiaca e nervosa. Al contrario, se assunto in quantità eccessive può provocare ulcera, gastrite o reflusso gastroesofageo, insonnia, vampate di calore e ipertensione.

Per evitare molte delle complicazioni dovute all’eccessiva assunzione di caffeina è possibile optare per la variante decaffeinata. Il caffè decaffeinato si ottiene trattando grani crudi con vapore ad alta temperatura e con solventi per separare la caffeina dagli altri componenti. I solventi sono quindi allontanati e la caffeina recuperata per essere poi destinata alle aziende farmaceutiche, mentre i chicchi decaffeinati avviati alla tostatura.

Il caffè è sconsigliato a persone iperemotive, irritabili e sofferenti d’insonnia, agli ipertiroidei, agli ulcerosi ai gastropatici, ai cardiopatici e alle donne in gravidanza.

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